Lo sguardo dal di fuori. Dialogo dello psiconauta

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Quando uscì nel 1981 il saggio di Alberto Boatto suscitò – come ricorda Massimo Carboni nella prefazione – l’attenzione dei più valenti recensori tanto che il testo venne considerato un piccolo classico. Un classico che, pur  anomalo, ancor oggi si scopre attuale. Nel quale i riferimenti a personaggi e vicende pur narrando di sé, ci svelano terreni fertili ad una riflessione anche sui più recenti accadimenti, sociali e macropolitici. In sostanza su come sta andando il mondo. Così l’evento, la discesa sulla luna, l’allunaggio, visto dall’occhio globale e massificante della televisione accomuna la platea mediale nell’eccezionalità dell’impresa. Ma, a ben guardare, assume le connotazioni, pur nella nebbia catodica, tra le incertezze di Tito Stagno e Ruggero Orlando, di elemento unitario, carico di significati simbolici. Il poter vedere la terra da un altro luogo nella sua totalità come oggetto in sé determina non solo un rivoluzionario cambiamento di prospettiva ma ci induce anche a riadattare la nostra cosmologia simbolica. Ci provoca un “ecumenico spaesamento”. Spaesamento al quale già hanno contribuito le riflessioni moderniste d’avanguardia con il ready-made di Marcel Duchamp prima ancora delle scoperte scientifiche. Ed ora queste ultime realizzano, per le logiche di potere, un super ready-made planetario, come visualizzazione di oggetto da consumare.  Dallo “sguardo dal di fuori” la terra entra nello “stadio dello specchio”. Da questa nuova visione i ragionamenti dilagano: dalle anticipazioni degli artisti, a “su che cosa riflettono gli specchi”, alla logica della guerra derivata dal mutamento del punto di vista, alla collocazione nello spazio in Beckett e in Rilke, agli appunti di un giornale di bordo di un osservatore astronomico, all’atmosfera da dopo il diluvio filtrata dalla surrealtà di Max Ernst. Il racconto-saggio di Boatto, reso con una scrittura elegante e con una logica stringente, scevra da luoghi comuni, con appunto “ uno sguardo dal di fuori”, mentre sembra divagare in raffinate riflessioni culturali, cela un duro discorso sulle dinamiche del potere e sull’utilizzo delle risorse:” La Terra (il cosmo), ridotta a una ‘cosa’ che la tecnica trova collocata davanti a sé, è , in quanto tale, pronta a venire usata e manipolata. L’intera realtà viene ricondotta a riserva disponibile, a fondo utilizzabile e sfruttato di fatto”.  Completa il volume, edito da Castelvecchi, “Il dialogo dello psiconauta”.

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