ARTE E IMPRESA
Omaggio a Marco Rivetti
Una giornata di studio a vent’anni dalla scomparsa
con il sostegno della Fondazione Marco Rivetti
Giovedì 7 luglio 2016, ore 14.30 – 19.30
Sala Convegni, Manica Lunga
Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea
Il modello Rivoli nel sistema dell’arte
Intervento di Massimo Melotti
Nel 1984 si inaugura il Castello di Rivoli, il primo museo dedicato esclusivamente all’arte contemporanea in Italia. Rudi Fuchs, primo direttore, apre al pubblico con la collettiva Ouverture. Vengono invitati artisti dell’arte concettuale e del Minimalismo come Carl Andre, Donald Judd e Bruce Nauman.
Sol LeWitt, Lothar Baumgarten e Daniel Buren realizzano grandi istallazioni. Sono presenti i maggiori esponenti dell’Arte povera, della Land Art ma anche figure determinanti per la ricerca artistica come Alberto Burri, Gino De Dominicis, Rebecca Horn, Joseph Beuys. Sono invitati anche artisti come Anselm Kiefer, Gerhard Richter e della nuova figurazione tedesca e americana, come pure i protagonisti della Transavanguardia. La mostra occupa i primi due piani del Castello con un centinaio di opere. La rassegna, vuole essere una sorta di anteprima, almeno nelle linee generali, della futura collezione. La collezione è l’elemento fondante di ogni museo. E pertanto Ouverture, al di là della valenza artistica, si deve intendere come una dichiarazione di intenti per il futuro del museo. Già da questa scelta si comprende la determinazione del direttore di puntare sui due elementi che saranno le caratteristiche fondanti di Rivoli: che non fosse un mero luogo espositivo ma un museo con una collezione permanente e il volgersi alla scena internazionale con l’ambizione di rappresentare le ricerche espressive del contemporaneo.
Che Rivoli divenisse museo e museo internazionale, nei primi anni Ottanta non era così scontato. Ancora a museo aperto vi era chi pensava di rendere il castello sì un luogo espositivo ma aperto anche ad altri settori. Un castello, si ragionava, era più adatto ad ospitare reperti di casa Savoia, o risorgimentali o un museo delle bandiere. Ed ancora, se arte doveva essere, che non ci si limitasse al contemporaneo.
Ma le critiche venivano anche, per così dire, dall’interno con una polemica, che oggi farebbe sorridere: troppo stretti erano i collegamenti, si diceva, con il mercato e le gallerie e troppa l’attenzione verso determinate correnti artistiche piuttosto che altre.
Rivoli nasce da una scommessa. Dare centralità nell’ambito della politica culturale a un settore – quello dell’arte contemporanea – allora di nicchia stabilendo per la prima volta in Italia la nascita di un’istituzione culturale gestita tramite un impianto giuridico organizzativo pubblico – privato. Un’istituzione cioè dove l’amministrazione pubblica si trovasse fianco a fianco a soggetti privati. E, azzardo nell’azzardo, dedicare una residenza sabauda, carica di storia, ricca di decori architettonici, portata a nuova vita dal restauro, allora innovativo, di Andrea Bruno, ad ospitare opere e installazioni della ricerca artistica del tempo, una ricerca spesso radicale, sicuramente non accettata dal grande pubblico. Da un lato era un voltafaccia anche alle regole del white cube e dall’altro, per non pochi piemontesi, un affronto allo spirito sabaudo.
Si trattava di “un’affascinante e dirompente utopia” come venne definito dalla stampa.
Oggi possiamo dire che l’apertura del Castello di Rivoli è stato un evento di fondamentale importanza non solo per la conoscenza e la promozione dell’arte contemporanea, ma come elemento chiave per lo sviluppo e l’affermarsi del sistema dell’arte contemporanea a Torino e in Italia. Il Castello di Rivoli, divenuto museo di fama internazionale, venne preso come modello istituzionale e organizzativo al quale ispirarsi, modello ancora oggi ritenuto valido.
Ma come si era arrivati a tutto ciò? Erano gli anni in cui l’ente regione, da poco nato, incominciava a far valere le proprie competenze anche in settori tradizionalmente di competenza statale, come appunto i beni culturali. Su questi temi la Regione Piemonte della giunta Viglione era all’avanguardia e quanto ci scommettesse lo testimoniava il fatto che l’allora assessore regionale Giovanni Ferrero, vero nume tutelare di Rivoli – prima come assessore a capo di quella cordata formata da Alberto Vanelli, Daniela Formento e Giulio Givone, poi in Fondazione CRT – ne diviene il primo presidente.
Del resto lo Stato non aveva mai portato particolare attenzione per l’arte contemporanea. Negli anni Ottanta il sistema dell’arte contemporanea in Italia, inteso come complesso di istituzioni e soggetti preposti, era estremamente debole. Di fatto non vi erano istituzioni dedicate esclusivamente all’arte visiva contemporanea con un respiro internazionale, se si eccettua il grande evento della Biennale veneziana. Certo, vi erano le gallerie d’arte moderna ma le loro collezioni spaziavano spesso dall’arte del passato al contemporaneo e i loro programmi raramente presentavano la scena internazionale. Eccezioni erano la Galleria d’Arte Moderna di Roma e la Galleria d’Arte Moderna di Torino. Quest’ultima, in particolare, si era interessata alle ultime tendenze con diverse rassegne (una delle quali dedicata all’Arte povera). Con la sua attività testimoniava l’attenzione che Torino, grazie ai suoi collezionisti (si veda l’esperienza del Deposito d’Arte Presente) e ai suoi artisti, aveva per la ricerca artistica più attuale. E in effetti se fu la Regione a mettere in moto la macchina politico-amministrativa che portò alla realizzazione del museo, si deve riconoscere a quegli artisti d’area sperimentale che si affacciavano sulla scena internazionale un ruolo non secondario di promotori dell’iniziativa.
La scelta della forma istituzionale del pubblico-privato veniva incontro a diverse istanze e, si pensava, potesse sfuggire ai mali atavici dell’amministrazione pubblica che si riassumevano in una parola: burocrazia.
Il nascente museo si poneva come ente autonomo. Non doveva sottostare al regime pubblico bensì si collocava nel settore del privato. In sostanza non doveva rispondere all’organizzazione gerarchica dell’amministrazione pubblica, complessa e sovraccarica di vincoli bensì si configurava con una struttura privatistica con un margine di gestione di personale e di risorse più ampio e meno vincolante, con le possibilità operative più simili a quelle dell’impresa privata. Il neonato Castello di Rivoli Comitato per l’Arte in Piemonte che vede la luce nel 1985 è un soggetto giuridico privatistico di interesse pubblico. La Regione, che ne garantisce la sua attività di interesse sociale, viene affiancata da soci privati tra cui Marco Rivetti amministratore delegato di un gruppo, il GFT, che ha sede a Torino ed ha un capitale sociale sette miliardi di lire.
Ma si deve attendere il 1988 per il definitivo consolidamento dell’ente quando la FIAT, il Gruppo GFT e la Banca CRT affiancano la Regione nella gestione del museo. I tre enti privati contribuiscono con 600 milioni annui e la Regione con 1,2 miliardi. La presidenza passa a Marco Rivetti.
Con l’entrata di questi nuovi soci privati “forti” il Castello di Rivoli ribadisce la propria identità di istituzione culturale pubblico-privata e non è casuale che la presidenza passi ad un rappresentate dei soci privati. In questi anni Rudi Fuchs aveva proposto una serie di personali con particolare riguardo, fatto salvo l’inserimento di qualche artista americano e di qualche maestro, all’area tedesca e poverista. Nel 1987 era stata la volta di Ouverture II.
La rassegna, curata da Rudi Fuchs e Johannes Gachnang, aveva ospitato oltre settanta artisti con l’intento di offrire una proposta “in loco” per la costituzione di una prima collezione pubblica dedicata esclusivamente all’arte contemporanea in Italia. L’ambizioso progetto vedeva presenti i protagonisti delle ultime tendenze con alcune ascendenze storiche. Si andava dal Concettuale tedesco e statunitense all’Arte povera, dalla Transavanguardia al Neo-Espressionismo, dal Minimalismo a ricerche individuali. Fu l’occasione per diversi artisti di realizzare opere appositamente per le sale del Castello, dando vita, nel dialogo tra antico e contemporaneo, ad una prassi che sarà una delle caratteristiche di Rivoli.
Se sul lato curatoriale si consolida la strada verso una collezione permanente, dal lato istituzionale la presidenza data a Rivetti costituiva il coronamento dell’impostazione pubblico-privata. Se la Regione con la sua presenza conferiva una sicurezza di continuità e che la mission del museo sarebbe stata culturale e sociale, la presenza dei privati rafforzava il rapporto con il territorio e con quelle esperienze produttive che ne erano il motore. Con Marco Rivetti però vi era qualcosa in più. Infatti il concetto del rapporto cultura – impresa andava ben oltre ad un ritorno di immagine da mettere in bilancio. Egli, con una visione anticipatrice dei tempi, si rendeva conto che il processo culturale e artistico poteva produrre ulteriori effetti positivi in ambito sociale se fosse riuscito a interagire con il processo produttivo dell’impresa. Sarebbe stato troppo limitante considerare l’arte e la cultura elementi aggiuntivi, utili a rendere desiderabile il prodotto. La forza del made in Italy non era in un’immagine stereotipata di un certo way of life dedicato ai consumismo, come predicava la vulgata del tempo, ma una riscoperta di quelle relazioni tra cultura e impresa che avevano costituito la fortuna del made in Italy, dalla bottega rinascimentale ai giorni nostri. Questo sentire si esprimeva non tanto in piani programmatici, ma come era nel carattere del personaggio, tramite suggerimenti, consigli e a volte con improvvisi ma decisivi dissensi e cambiamenti di rotta. E di questo sentire che aveva a che fare con l’ontologia dell’arte e dell’impresa, Marco Rivetti nella sua veste di collezionista, di imprenditore e di presidente permeò l’azione dei primi anni del museo. A distanza di tanti anni un’eredità ancora a noi preziosa.
L’età della finzione
Videocontaminazioni- fiction/reality
in collaborazione con Storycode, Torino. A cura di Massimo Melotti.Giovedì 28 maggio 2015
Il nostro tempo è sempre più segnato dalla contaminazione tra reale e immaginario: le più recenti tecnologie di comunicazione hanno influito sulla nostra percezione quotidiana della realtà. Si aprono così nuovi scenari che consentono agli artisti di esplorare territori di confine, borderline, dove s’incontrano diverse modalità espressive, culture emergenti e alternative.
Programma
Ore 10.00 – Arte e nuove tecnologie. Conferenza di Vuk Ćosić
Vuk Ćosić, considerato il “padre” della net.art, artista e teorico di fama internazionale, è stato co-fondatore di Ljudmila (laboratorio per i media digitali di Lubiana), dei forum globali per la teoria internet Nettime e Syndacate e della campagna consultativa Case Sensative. Ćosić è docente di Strategia di comunicazione web alla Facoltà di Scienze Sociali di Lubiana. Si sono interessati della sua ricerca testate giornalistiche come NY Times, Libération, La Repubblica, The Guardian, The Financial Times, Cahiers du Cinéma, Artforum, Newsweek, Wired, ORF, CNN, BBC e importanti riviste specializzate pubblicate da MIT press, Thames & Hudson, Tate, Taschen. È stato direttore creativo dell’agenzia Literal e successivamente direttore del settore per User Experience nel RenderSpace – Accesso Interactiv. Autore di un volume sulla scrittura su web, ha altresì organizzato incontri specialistici internazionali. Le sue opere sono state esposte alla Biennale di Venezia; ICA, Londra; MNAM Centre Georges Pompidou; ICC, Tokyo; Kunsthalle, Vienna; Digital Artlab, Tel Aviv; ZKM, Karlsruhe; Ars Electronica, Linz; Walker Art Center, Minneapolis; Postmasters, New York; Friedricianum, Kassel; Neue Galerie, Graz; IAS, Seoul e Moca, Oslo.
Ore 11.00 – Video e cinema. Intervengono Gianluca e Massimiliano De Serio e Simone Arcagni
I gemelli Gianluca e Massimiliano De Serio sono nati a Torino nel 1978. Lavorano insieme dal 1999 realizzando film presentati ai più importanti festival di cinema nazionali e internazionali, conseguendo premi e menzioni. Si sono affermati nell’ambito delle arti visive creando opere in cui l’immagine filmica si combina a elementi installativi. In tutte le loro opere, sia filmiche sia installative, la componente fondante è la condizione di dualità. I De Serio ottengono un successo internazionale con il loro primo lungometraggio per il cinema Sette opere di misericordia presentato nel 2011 al Festival di Locarno. Nel febbraio 2012 fondano il Piccolo Cinema “società di mutuo soccorso cinematografico”, nella periferia di Torino, dove vivono e lavorano. Nell’ambito delle arti visive ricordiamo nel 2008 le personali al Guido Costa Projects, alla Fondazione Sandretto Re Rebaudengo e, nel 2010, alla Fondazione Merz a Torino. Tra le mostre collettive si segnala nel 2005 la partecipazione a T1 – La Sindrome di Pantagruel, Torino, a cura di Francesco Bonami e Carolyn Christov-Bakargiev e, nel 2008 aManifesta 7. Anche in lavori più recenti, nonostante il tema trattato si ampli alle comunità e alle relazioni sociali, il ritratto rimane il punto di avvio della ricerca artistica dei De Serio.
Simone Arcagni è Professore Associato presso l’Università di Palermo. Studioso di media digitali, nuovi media e nuove tecnologie, collabora con numerose riviste scientifiche e di divulgazione tra le quali Nòva – Il Sole 24 Ore, Technonews, Oxygen, Digicult, Segnocinema. Suo il blog Postcinema, ospitato sul sito de Il Sole 24 Ore. Co-dirige (con Miriam De Rosa) Screencity Journal e dirige Screencity Review. Fondatore e coordinatore di Emerginseries.net, dirige EmergingSeries Journal. E’ curatore, consulente e collaboratore di festival, conferenze, collane editoriali e riviste, nazionali e internazionali.
Tra le sue pubblicazioni si segnala Screen City, Music Video (con Alessandro Amaducci) e Oltre il cinema. Metropoli e media.
Ore 12.00 – Video e realtà aumentata. Intervengono Coniglioviola e Giulio Lughi
Duo artistico fondato nel 2000 e composto da Brice Coniglio e Andrea Raviola, Coniglioviola, “bottega rinascimentale nell’era digitale” ha esplorato con arte e ironia la videoart, il teatro multimediale, la musica elettronica, la performance, la net.art e la fotografia. Noto per imprese spettacolari come l’Attacco Pirata alla Biennale di Venezia (2007), Coniglioviola indaga in modo trasversale il territorio della cultura pop, inteso come terreno in cui si producono i miti culturali. Coniglioviola presenta Le notti di Tino a Bagdad, lavoro di realtà aumentata, operativo sul territorio torinese, e le varie fasi di realizzazione, dal testo al video, al territorio.
Giulio Lughi, Professore di Teorie e Tecniche dei Media Digitali presso l’Università di Torino, ha operato come consulente editoriale, autore, traduttore, editore e direttore di collana nel campo della narrativa. Studia l’impatto delle tecnologie digitali nel settore umanistico. Ha lavorato fin dai primi anni Novanta su cultura e tecnologia, formazione dell’immaginario, nuovi media, culture digitali, creatività in rete, interattività e storytelling.
Ore 12.30 – Video e cultura pop e rave. Intervengono Diego Scroppo e Massimo Melotti
Diego Scroppo, dopo gli studi all’Accademia Albertina ha incentrato la propria ricerca sulla simbologia e sulle dinamiche delle culture alternative, in particolare rave. Artista multimediale che opera dal video alla scultura monumentale, l’artista affianca la sperimentazione nel settore della biotecnologia applicata alle arti visive a una ricerca estetica radicale. Oltre a una produzione video in cui il tema di fondo è l’uomo visto nelle sue problematiche esistenziali dell’incomunicabilità o di rituali sociali alienanti, Scroppo ha realizzato una serie di installazioni-sculture che hanno una matrice iconografica negli universi gotico-simbolico, esoterico–ancestrale e manga-fantascientifico derivati dalla cultura dei mondi virtuali.
Massimo Melotti, critico d’arte e teorico del contemporaneo, s’interessa ai processi creativi e al rapporto tra arte, nuovi media e società. È Responsabile delle Relazioni Esterne e del progetto Nuovi Media del Castello di Rivoli. Docente a contratto, ha insegnato all’Università di Torino, alla Politecnico di Torino e all’Accademia Albertina delle Belle Arti di Torino dove attualmente è docente di Antropologia Culturale. Tra le ultime mostre curate ricordiamo Michelangelo Pistoletto Opere. Tra le pubblicazioni più recenti segnaliamo L’età della finzione, arte e società tra realtà e estasi, Roma, con una prefazione di Marc Augé e Pistoletto Opere, Allemandi Editore.
Convegno Arte, Mass Media e Società
in collaborazione con l’Accademia Albertina di Belle Arti di Torino, con l’Università degli Studi di Torino e con il Dipartimento Educazione del Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea con il patrocinio del MIUR Ufficio Scolastico Regionale-Direzione Regionale. Intervengono: Mario Airò artista, Edoardo Di Mauro teorico del contemporaneo, Bruno Gambarotta scrittore, Giulio Lughi teorico dei media, Massimo Melotti curatore della rassegna, Michele Mariani direttore creativo Gruppo Armando Testa, Peppino Ortoleva storico dei media, Maria Teresa Roberto critico d’arte, Ugo Volli semiologo
Arte e percezione della realtà. Filosofia, scienza, mass media
Convegno Teatro del Castello di Rivoli.Sabato 28 aprile 2012.In occasione della mostra Piero Gilardi. Effetti collaborativi 1963 – 1985, evento conclusivo del progetto Le Scatole Viventi a cura di Andrea Bellini, il Castello di Rivoli organizza una giornata di convegno aperto al pubblico, nell’ambito del New Media Project, sui temi riguardanti i rapporti tra arte, filosofia, scienza e mass media. Intervengono Francesco Poli e Piero Gilardi (Arte & Arte), Gianni Vattimo (Arte & Filosofia), Massimo Melotti (Arte & Società), Vincenzo Guarnieri (Arte & Biotecnologie), Simona Lodi (Arte & Tecnologie), Franco Torriani (Arte & Scienza), Fabrizio Valpreda (Virtual & Design).
Segue tavola rotonda con artisti e critici tra cui Ennio Bertrand, Alessandro Quaranta, Diego Scroppo e Claudio Cravero.
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Angel_F. Diario di un Intelligenza Artificiale
SharePiemonte
VENERDI’ 6 NOVEMBRE 2010
Museo Regionale di Scienze Naturali
Angel_F. Diario di un Intelligenza Artificiale
Presenta il progetto Oriana Persico (coautrice) in conversazione con Massimo Melotti, critico d’arte
Figlio della Biodoll e di Derrick de Kerckhove, Angel_F è una giovane IA (intelligenza artificiale) che agisce come uno spyware. Riproducendo le fasi di sviluppo di un embrione nella realtà digitale, il sostrato narrativo e poetico diventa lo strumento per studiare e rappresentare le identità contemporanee (multiple, ibride fra l’organico e il digitale), i linguaggi e le forme di conoscenza (ormai di sintesi e connettivi), le dimensioni comportamentali (osservando gli utenti e attuando pratiche in rete e nel mondo fisico da prospettive etnografiche e politiche). A breve in libreria un libro-diario-saggio edito da Castelvecchi, racconterà il suo primo anno di vita. (Autori: Salvatore Iaconesi e Oriana Persico)
Oriana Persico, autrice
Massimo Melotti, critico d’arte
Salvatore Iaconesi, artista
Futura. Mutamenti e visioni del contemporaneo
Venerdì 22 e sabato 23 maggio 2009.Castello di Miasino, Miasino (No).Spazio Museale di Palazzo Tornielli, Ameno (No).
Quali pre-visioni rispetto al futuro? Quali forme, tendenze, dinamiche caratterizzeranno la nostra società?
Asilo Bianco propone una riflessione aperta e condivisa con un pubblico di addetti ai lavori (ma non solo) per affrontare le problematiche attuali e cercare di delineare alcuni percorsi “futuribili”.
I relatori: Marc Augé, Eugenio Borgna, Derrick de Kerckhove, Alberto Castellanza, Piero Gilardi, Massimo Melotti, Francesca Alfano Miglietti, Juan Carlos de Martin, Domenico Nano, Michelangelo Pistoletto, Love Difference – Progetto Pasticcerie Love Difference (Filippo Fabbrica, Chiara Toffanin e Secil Yaylali).
Il convegno è promosso dall’associazione Asilo Bianco in collaborazione con Dipartimento di salute Mentale ASL-AOU di Novara, con il sostegno di Fondazione Novarese per il Territorio, Regione Piemonte, Provincia di Novara, Comune di Ameno, Comune di Miasino, Cuore Verde tra due Laghi, VA Albertoni di Gozzano, Hotel San Rocco, Consorzio Cusio Turismo.
Relazione per la ManifestAzione di Neterature, di Massimo Melotti
Abstract intervento di Massimo Melotti a “FUTURA, Visioni e previsioni del contemporaneo”, Asilobianco, 2009,
asilobianco
http://www.neterature.it/manifesto.php
Neterature (net literature) è un progetto di creazione collettiva di un ipertesto il cui obiettivo è generare una nuova forma di letteratura di rete e in rete che chiamiamo appunto neterature o letteratura reticolare.
La società occidentale nella sua storia recente si è evoluta facendo i conti con le tecnologie. I grandi mutamenti, le evoluzioni, in particolare dall’Ottocento, sono state determinate sempre più dall’elemento tecnologico che con i progressi della scienza veniva ad acquistre maggior peso. Tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento, come scrive Stephen Kern nel suo testo sulla percezione del mondo, gli stessi concetti di spazio e tempo vengono rimessi in discussione. Tra gli altri furono gli artisti e i letterati a percepire e anticipare questi mutamenti. La letteratura sperimenta nuove soluzioni. Marcel Proust scrive Alla ricerca del tempo perduto dove la concezione del tempo è vista come rapporto fra vita quotidiana dei protagonisti e memoria. James Joyce riconduce la nozione di tempo nell’arco di una giornata del protagonista, nel cui monologo compaiono elementi della nascente analisi psicanalitica. I nuovi modi di narrare tagliano i ponti con lo stile naturalistico e realista producendo una sorta di rivoluzione stilistica e di contenuto tanto quanto quella di Cézanne e degli impressionisti nelle arti visive. Se la nascita e lo sviluppodella rivoluzione industriale con le nuove scoperte influiscono sull’evoluzione della creatività e dell’arte, un ruolo di primo piano in rapporto alle arti visive spetta alla fotografia. La rappresentazione visiva della realtà che era sino a quel momento appannaggio esclusivo della pittura, diviene alla portata di tutti ed anche potenzialmente riproducibile in un numero infinito di volte. E’ la perdita dell’”aura” dell’opera d’arte sottolineata da Walter Benjamin. L’arte pittorica privata di una funzione primaria viene ancor più destabilizzata dall’invenzione del cinema dove la rappresentazione della realtà si avvicina ancor di più, con la capacità riproduttiva del movimento, a ciò che l’occhio vede, o crede di vedere.
Come sempre di fronte alla scommessa tecnologica, l’arte alza la posta in gioco. Se i codici espressivi legati alla realtà erano stati superati dalla riproduzione tecnologica, l’arte controbatte in modo rivoluzionario creando un linguaggio espressivo del tutto nuovo non più legato alla realtà visiva bensì ad un discorso sulla stessa essenza dell’arte oppure sull’analisi del concetto, ponendo quest’ultimo e non la sua rappresentazione come centro focale dell’opera. Da qui nascono le avanguardie.
In tempi più recenti il fenomeno si ripete. Negli anni Sessanta quando furono chiari la potenza e il futuro svolgimento della società dei consumi, furono sempre gli artisti a sostenere strategie di superamento: sia con il cavalcare il fenomeno con la Pop Art sia contrastandolo con una strategia di opposizione e di rifiuto con la Minimal Art
Alla fine degli anni Sessanta il profeta della comunicazione è Marshal McLuhan per il quale i media devono essere considerati l’estensione dei nostri sensi. Il medium non è mai neutrale anzi è esso stesso “il messaggio”. “Perché il messaggio di un medium o di una tecnologia è nel mutamento di proporzione, di ritmo, o di schemi che introduce nei rapporti umani”[1]
La possibilità di utilizzare internet sembrerebbe offrire nuove possibilità. Di fatto anche in questo caso è lecito tener presente la tesi di Marshal McLuhan “il medium è il messaggio”, nel senso che anche le modalità di comunicazione tramite internet soggiacciono alle caratteristiche del mezzo. Uno stesso messaggio trasmesso tramite radio, televisione, o internet assume le connotazioni del mezzo prescelto. Questa potenzialità del medium in sé non dovrebbe essere determinante nella comprensione del messaggio stesso se questo avesse caratteristiche di contenuto e di autorevolezza tali da non lasciar spazio all’influenza del medium utilizzato. Ma essendo, a parere di molti, la nostra società una società post moderna, che ha smarrito quindi le grandi narrazioni e si presenta indebolita nei valori che ne stanno alla base, la capacità del medium di influire diviene a mio avviso più rilevante.
Nel tempo ormai passato erano l’insieme dei simboli che permettevano una lettura del mondo e le grandi narrazioni creavano l’immaginario collettivo e la nascita di una speranza di cambiamento. Oggi sembrerebbe che tali narrazioni non possano più manifestarsi, o almeno, nessuno è disposto a scommetterci.
Oggi la predominanza è del medium che condiziona i modi ma anche rilegge i contenuti. Nell’epoca del libro il percorso era di tipo deduttivo. Lo svolgersi del racconto, la trama, ben si confacevano alla predisposizione del nostro pensiero, che si muove passo dopo passo, scoperta dopo scoperta, sedotto dal racconto sino all’esito finale.
Nell’epoca della televisione la seduzione è scomparsa per lasciare il campo in un primo tempo ad una conoscenza globale del mondo, all’abbattimento delle frontiere determinate dallo spazio e dal tempo. Successivamente questa incommensurabile opportunità di conoscenza, seppur declinata in una comunicazione a senso unico, da produttore a fruitore ha lasciato il campo dagli anni Ottanta ad una televisione la cui “mission”, non è più fornire comunicazione, cultura o intrattenimento. La televisione con l’affermarsi della società dei consumi e , al contempo, con le nuove opportunità tecnologiche, si pone oggi come mezzo deputato al consumo, alla vendita. “as seen on TV”, compera il prodotto che hai visto in TV, si legge nei supermarket americani, ribaltando il rapporto fra realtà e finzione. Se la TV del primo periodo aveva come “mission” l’informazione quella del periodo che stiamo vivendo ha la funzione di aumentare i consumi. Non comunica per informare o intrattenere ma comunica per accentuare il consumo: non comunica ma promuove. L’incontro tra la potenzialità televisiva e le nuove tecnologie ha fatto scoprire altresì alla società dei consumi la vera merce perfetta. Una merce che non richiede apparati industriali pesanti, né strutture di stoccaggio e neppure corre il rischio di deteriorarsi. Una merce spendibile e riciclabile: la spettacolarizzazione.
Quando si comprende che tutto può essere ricondotto a spettacolo e che questo è merce che genera ricchezza (oltre che qualche effetto collaterale di non poco conto) comprendiamo uno dei meccanismi su cui si basa la nostra società. Certo tutto ciò non avviene solo per una distorsione nell’uso del mezzo televisivo. Il mondo attuale è sempre più sommerso da sistemi comunicativi. Una parte fondamentale la sta svolgendo la telefonia mobile grazie alla quale un apparato ricetrasmittente, il nostro cellulare, si è trasformato in un complesso dalle molteplici funzioni. Dal video alla fotografia, dai messaggi alla musica, dalla possibilità di connessione con altri sistemi alla pubblicità. Il nostro cellulare si è trasformato in una protesi del nostro corpo. Non solo ci connette ma con l’introduzione del GPS ci dirà anche dove siamo e, un domani, forse anche Chi siamo.
Ma parte delle sue funzioni riguardano non a caso la visione, la spettacolarizzazione. “E’ in corso una silenziosa rivoluzione nella comunicazione per quanto riguarda i media che operano con la visione. (..) il cellulare sarà la vera spina di collegamento con il mondo in cui i confini fra reale e virtuale saranno sempre più labili. Secondo gli analisti gli investimenti pubblicitari si stanno già spostando sul mobile e su internet, per anticipare le future scelte (se così si può dire) del pubblico. Si prefigura una connessione globale personalizzata dove ognuno di noi avrà una propria Second Life senza dover andare su internet. Sarà internet a venire da noi. (…) Virtual me è il progetto della Endemol che già pregusta l’immenso mercato virtuale. Grazie ad una tecnologia digitale più avanzata, il nostro avatar potrà essere molto simile a noi, potremmo farlo invecchiare o ringiovanire, dargli una memoria delle esperienze vissute. Avrà un imprinting simile a un DNA che potrà essere trasmesso e dar vita ad altri avatar. Ma soprattutto si verrà a creare una nuova forma ibrida di intrattenimento televisivo-virtuale con la possibilità per il pubblico di essere invitato a spettacoli televisivi, sia personalmente sia tramite il nostro avatar, nel reale e nel virtuale. Così, finalmente, anche noi potremo partecipare al Grande Fratello[2].
In questo panorama un nuovo ruolo verrà ricoperto dalla rete. La rete è il cambiamento epocale, l’apertura su nuovi mondi virtuali che noi oggi non conosciamo ancora. E’ la possibilità di usufruire di un medium attivamente -e non passivamente come la televisione- è la possibilità di comunicare senza intermediari. E’ la pratica di nuove forme di democrazia diretta come hanno dimostrato ancora i recenti fatti di Iran e Cina: Facebook e le centoquaranta battute di Twitter si sono rivelate impossibili da censurare e molto più efficaci del sistema dell’informazione tradizionale.
La rete è la possibilità, per la prima volta nel mondo, di accedere ad una massa di informazioni difficilmente quantificabile e a nessuno sfugge che – come scriveva Negroponte – se un libro può essere consultato da una persona alla volta, un libro digitale può essere consultato contemporaneamente da un numero infinito di lettori.
Internet è anche un terreno sconosciuto che offre la possibilità di costruire mondi virtuali che, per alcuni, possono in un futuro non molto remoto costituire alternative esperienziali diverse dal mondo materico. La creazione di nuovi mondi nei quali rifugiarci è una pratica che si sta diffondendo. Si va dalla coscienza di partecipare ad un’affascinante gioco alla convinzione di vivere in un nuovo paradiso terrestre tecnologico. Infine la rete è anche una sentina in cui si può trovare di tutto e di più, non a caso le attività pornografiche e riguardanti il sesso sono tra le pratiche più diffuse.
Insomma si potrebbe continuare con un elenco che oggi non potrebbe ancora essere chiuso. Ma se dobbiamo considerare la rete da un punto di vista delle specificità del medium, di quale siano le sue caratteristiche, potremmo porne in evidenza alcune che mi paiono significative
La rete rende superato il concetto di spazio e di tempo, determinando non un tempo consequenziale e uno spazio definito, ma una contemporaneità temporale e un’irrilevanza spaziale.
Le caratteristiche di internet modificano i nostri processi culturali sia di produzione che di fruizione. Se dovessimo immaginarci una società di domani fortemente caratterizzata dalla rete e da altri sistemi di comunicazione connessi, potremmo configurarci, con un buon margine di attendibilità, un mondo suddiviso in fasce di popolazione in rapporto all’utilizzo delle tecnologie comunicative.
Una fascia molto ampia di base composta dalla maggior parte della popolazione che utilizza quotidianamente pc , televisione e la rete interconnessa con la telefonia mobile. E’ una massa di consumatori che fa delle tecnologie comunicative un elemento della propria vita sociale vissuta in modo essenzialmente consumistico e acritico. Sono i consumatori indifferenti
Una fascia che si potrebbe identificare in una classe media tecnologica anche se trasversale rispetto alla politica. Usufruisce dei benefici tecnologici ed è disponibile all’innovazione e a nuovi prodotti. Partecipa a social comunities e vede internet anche come possibilità di forme di socializzazione e di democrazia diretta. Sono gli utenti consapevoli
Una fascia di non utenti. Ne fanno parte comunità primitive isolate geograficamente ma anche gruppi sociali che per vari motivi (rifiuto ideologico, situazioni economico-sociali) non utilizzano le tecnologie di comunicazione. Si possono definire emarginati
Una fascia molto ristretta di utenti in grado di intervenire nei processi di formazione della rete in vari campi. Sono coloro che hanno conoscenza di come si forma internet e hanno conoscenze tecnologiche elevate, nella maggior parte dei casi sono individui o gruppi che corrispondono ai centri decisionali e di potere. Si possono definire produttori.
Se dovessimo proseguire in questo gioco di previsione, effettuato peraltro su dati e indicazioni di sviluppo del tutto realizzabili, potremmo domandarci che fine faranno il libro, la lettura e la scrittura come noi li conosciamo.
Nonostante le numerose e autorevoli voci che si sono levate scommettendo su una vita eterna del libro, in quanto oggetto non più perfettibile come ad esempio la forchetta (U.Eco), possiamo ragionevolmente prevedere se non una scomparsa quanto meno una futura diffusione estremamente ridotta. Infatti se i libri impostati su una trama o che implicano uno svolgersi di ragionamenti ben difficilmente potranno abbandonare il loro supporto tradizionale pena la perdita del fascino del discorso a cui prima si accennava, i volumi i cui contenuti si basano su dati e che non richiedono quindi uno svolgersi di trama, come in parte già avviene, potranno essere archiviati e consultati molto più agevolmente in ambito virtuale. Proviamo ad evidenziarne alcuni motivi
-Avremo una maggiore coscienza ecologica che propenderà per la salvaguardia di ecosistemi in cui gli alberi sono l’elemento essenziale.
-La crescita dei costi di produzione e d’altro canto la facilità di accesso ai sistemi di archiviazione e divulgazioni virtuali a costi irrisori.
Infine, senza voler sembrare pessimista, i metodi di insegnamento e di apprendimento delle future generazioni si baseranno sempre più su supporti tecnologici, diminuendo il ruolo centrale del libro in quella che è stata chiamata la galassia Gutenberg ma che ormai sta sparendo. Google Libri è il progetto più ambizioso tra quelli lanciati dall’azienda leader del settore: rendere disponibili milioni di libri da leggere gratuitamente sul Web. Sarà una nuova Biblioteca d’Alessandria costituita non più di libri di carta ma virtuali.
Se concordiamo con il McLuhan di “il medium è il messaggio” non possiamo negare che l’utilizzo di un mezzo piuttosto che di un altro modifica anche i modi di produzione (il linguaggio e la scrittura) come pure i modi di fruizioni (la lettura).
Si scrive su carta allo stesso modo con cui si scrive su computer? Si legge un libro allo stesso modo in cui si legge una pagina Web?
Quanto potrà cambiare il nostro modo di scrivere e di leggere?
Noi stiamo vivendo nell’età di mezzo, contraddistinta da fruitori che si sono formati sui libri ma che utilizzano le tecnologie. E questo nostro imprinting è ben evidente nelle speranze e nelle dicotomie che si trovano in Neterature.
Neterature è un progetto di creazione collettiva di un ipertesto il cui obiettivo è generare una nuova forma di letteratura di rete e in rete. E’ composta da due ordini di testi: racconti brevi di ciascun autore e le corrispondenze tra gli autori dei racconti collegati. In sostanza all’origine è un racconto. A questo racconto un altro autore si collega creando uno svolgimento di trama diverso dall’originario. Come tutti coloro che vivono un’età di mezzo anche i nostri autori portano un po’ del passato, delle loro esperienze e, coraggiosamente, le mettono alla prova del nuovo. Bisogna quindi tener presente che i testi in neterature sono prodotto della cultura dei libri, e pertanto sono scritti alla Gutenberg e non alla Google. Se l’esperimento andrà avanti questa caratteristica probabilmente tenderà a sparire, lasciando il campo ad una scrittura Web. Quindi siamo di fronte ad una sorta di work in progress, un cambiamento di linguaggio che avverrà in maniera cosciente per chi proporrà nuove sperimentazioni o inconsciamente col semplice utilizzo del mezzo.
Il “gestore” a questo punto potrebbe porsi il quesito se bisogna richiedere ai “neternauti” di usare un linguaggio più confacente al virtuale o attendere che la diffusione del mezzo provochi un mutamento nello scrivere attuale. O ancora, ipotesi ardua ma suggestiva, creare ex novo un peculiare linguaggio: sincopato, per le modalità del medium, sincretico per commistione dei linguaggi del mondo. Tutte ipotesi percorribili e l’una non esclude l’altra.
Un altro elemento che costituisce a mio avviso la caratteristica fondamentale di neterature è il suo porsi come ipertesto a tutti gli effetti. Ne è anche il suo fascino, per quella componente di navigazione a vista un po’ rischiosa e eccitante che potrebbe portare a sorprese e scoperte.
Del resto una preveggenza di quanto sta accadendo la possiamo trovare proprio nella storia recente del romanzo. Alain Robbe-Grillet scriveva a proposito del noveau roman. “Di nuovo è un racconto, e cerca la propria coerenza. Di nuovo è l’impossibile riordino di frammenti, i cui bordi incerti non si adattano gli uni agli altri. E di nuovo è la disperata tentazione di un tessuto solido come il bronzo…Sì, ma quel che capita in questo tessuto, il testo, è che sia, oggi, il terreno e la posta in gioco di una battaglia. Anziché procedere come cieco giudice, come legge divina, in una volontaria ignoranza di tutti i problemi che il vecchio romanzo maschera e nega (per esempio quello dell’istante), si offre invece senza posa a una deliberata esposizione in piena luce e a una precisa messinscena delle molteplici impossibilità in cui si dibatte e che intanto lo costituiscono. Tale messinscena diverrà il tema del libro, e questo apre complessi sistemi di serie, di biforcazioni, di tagli e riprese, di aporie, di cambiamenti a vista, di combinatorie diverse, di sconnessure o di invaginazioni…” [3]
Le considerazioni per il noveau roman sembrerebbero ben attagliarsi a neterature per le sue svariate possibilità di “tagli e riprese, di combinatorie diverse” che oggi chiamiamo link. Alain Robbe-Grillet aveva capito che l’essenza del cambiamento sta nella capacità del testo di procedere a vari livelli, in vari mondi, creando la propria ricchezza dalla molteplicità delle intersezioni. Ciò è ancor più possibile, anzi ne è una caratteristica saliente, con il Web, dove le possibilità combinatorie sono incalcolabili e il muoversi in labirinti fatti di scelte può avere la funzione di produrre senso. Se in neterature tutto ciò è presente, lo è ancora però in modo vincolato, forse per quella parte di passato che i neternauti si tirano dietro. Le modalità di inserimento, di connessione dovranno essere ancora oggetto di riflessione in modo che si giunga a modalità operative più dirette.
Massimo Melotti
Massimo Melotti, critico d’arte e sociologo, dal 1990 lavora al Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea dove ha ricoperto gli incarichi di Consulente di direzione, Responsabile dell’organizzazione interna e ora di Responsabile delle relazioni esterne. La sua ricerca verte sulle problematiche inerenti ai rapporti fra arte e nuove tecnologie e al ruolo etico-sociale dell’arte con Michelangelo Pistoletto e Cittadellarte di cui è consulente scientifico. Dal 2000 insegna all’Università di Torino e all’Accademia Albertina di Belle Arti di Torino dove tiene un corso sperimentale dedicato alla Sociologia dell’arte contemporanea. Luca Sossella Editore ha pubblicato nel 2008 la seconda edizione del suo saggio L’età della Finzione con una prefazione di Marc Augé. Fra le più recenti mostre curate ricordiamo Michelangelo Pistoletto Opere.
Siete sicuri di vivere una vita “reale”, siete certi che i vostri comportamenti quotidiani siano determinati da cause concrete e non da messaggi virtuali che modificano la vostra vita di ogni giorno? Massimo Melotti, critico d’arte e sociologo, uno dei pochi in Italia a incentrare la propria ricerca sulle connessioni tra opera d’arte e società, indaga il cambiamento dei processi culturali e sociali partendo dalle opere di artisti che ne hanno preconizzato i mutamenti per giungere all’analisi di casi emblematici di cronaca e di fenomeni globali. La televisione, meta-medium che tutto spettacolarizza, con le fiction e i reality del nuovo immaginario popolare, l’influenza dei video giochi a sfondo violento sui processi di formazione, il bisogno di crearsi nuove identità nei mondi di internet, contribuiscono a formare una società in cui i confini fra realtà e “fiction” divengono sempre meno certi.
[1] M.Melotti. Spazio, Tempo e Oggetto. Ed. Castello di Rivoli, Torino, 2000, pag. 9
[2] M.Melotti, L’età della finzione, Luca Sossella Editore, 2008, pag.172
[3] A. Robbe-Grillet. Lo specchio che ritorna, Spirali Edizioni Milano, 1985
Arte al Centro 2004
11/06/2004 http://www.undo.net
Cittadellarte-Fondazione Pistoletto, Biella
Arte al Centro di una trasformazione sociale responsabile 2004. La settima edizione presenta mostre, eventi letterari, cinematografici e culturali. Nell’ambito della rassegna la 4a Fiera internazionale di arte e produzione comprende il convegno internazionale Scrivere la Trasformazione, tra i relatori Shirin Ebadi (Premio Nobel per la Pace 2003), Marc Auge’, Christian Salmon e Bruce Sterling. La mostra Living Library a cura di Massimo Melotti e Judith Wielander si basa su una selezione di circa 200 libri, che rappresentano la letteratura di svolta, a cui ha lavorato un gruppo di artisti e di creativi che hanno frequentato Unidee. Con le loro opere e installazioni Haessen Chung, Charlie Jeffery, Chiara Pirito, Benoit Roussel, Gloria Safont Tria e Rufus Willis, hanno preso in considerazione il libro sia come testo che come oggetto simbolico facendolo divenire, attraverso l’arte visiva, protagonista assoluto. La mostra Geografie della trasformazione, a cura di Juan E. Sandoval e Filippo Fabbrica, presenta un’indagine sulla rete interdisciplinare di differenti soggetti che, insieme a Cittadellarte, operano al cambiamento responsabile della societa’. Sette sono i progetti attivi che creano un luogo all’interno dello spazio espositivo. La rassegna cinematografica Cinema di Svolta: verranno proiettati sedici titoli. Inoltre esposte opere e installazioni che hanno segnato le tappe fondamentali del percorso artistico di Michelangelo Pistoletto

ARTE AL CENTRO
di una trasformazione sociale responsabile 2004
7a edizione
La settima edizione di ”Arte al Centro”, rassegna annuale di Cittadellarte, presenta mostre, eventi letterari, cinematografici e culturali. Nell’ambito della rassegna, che si aprirà l’11, il 12 e il 13 giugno (inaugurazione: 11 giugno, ore 15) con la 4a FIERA INTERNAZIONALE DI ARTE E PRODUZIONE, si svolgeranno:
– LETTERATURE DI SVOLTA, che comprenderà il convegno internazionale Scrivere la Trasformazione, la mostra Living Library e la rassegna cinematografica Cinema di Svolta
– GEOGRAFIE DELLA TRASFORMAZIONE
– OPERE DI MICHELANGELO PISTOLETTO
LETTERATURE DI SVOLTA
Tre giorni di mostre, rassegne e convegni:
tra i relatori Shirin Ebadi (Premio Nobel per la Pace 2003),
Marc Augé (sociologo), Christian Salmon (scrittore) e Bruce Sterling (scrittore)
SCRIVERE LA TRASFORMAZIONE
a cura di Massimo Melotti, Judith Wielander e Iris Marano
moderatore Marino Sinibaldi (11-12-13 giugno)
Il programma della manifestazione incentrata sul ”libro” sarà articolato in sei incontri con interventi di scrittori e di studiosi che verteranno sull’attualità della letteratura quale stimolo, mezzo e processo di trasformazione. Gli incontri, moderati da Marino Sinibaldi (vicedirettore dei programmi di Radio Rai e conduttore di Fahreneit su Radio 3), offriranno l’occasione di discutere e analizzare i concetti stessi di letteratura e di ”svolta”.
sabato 12
Islam e laicità : pubblicare il mondo arabo, con Lorenzo Declich (docente di storia dell’Islam, ha curato e tradotto ”Islam e laicità , il punto di vista dei musulmani progressisti” di Abdou Filali-Ansary), Stefan Winkler e Thierry Fabre (saggista e scrittore, caporedattore della rivista ”La pensée de midi”, responsabile di Euromed alla ”Maison mediterranée des sciences de l’homme” ad Aix-en-Provence, organizzatore di ”Rencontres d’averroés, a Marsiglia).
Nuove forme di narrazione, con Federico Casalegno (ricercatore affiliato presso il Medialab Mit, Massachussetts Institute of Technology) e Bruce Sterling (scrittore, tra i fondatori del cyberpunk e autore del recente ”Tomorrow Now. Come vivremo nei prossimi cinquant’anni).
Il diritto come letteratura di svolta, con Shirin Ebadi (avvocatessa iraniana, Premio Nobel per la Pace 2003), Danilo Zolo (docente di filosofia del diritto all’Università di Firenze) e Luigi Bonanate (docente di Relazioni Internazionali presso la Facoltà di Scienze Politiche dell’Università degli Studi di Torino).
domenica 13
Letterature Migranti, con Franca Sinopoli (docente di Letterature Comparate all’Università Roma Tre) e ”El ghibli” (rivista letteraria trimestrale on-line, la redazione è composta da scrittori africani, italiani, sudamericani, mediorientali, francesi).
Proiezione del film documentario ”bledi – un possibile scenario” di Katia Kameli.
Tra gli appuntamenti serali ricordiamo:
– venerdì 11, ore 21, Marc Augé, sociologo e saggista, professore all’Ecole des hautes Etudes en Sciences Sociales (EHESS) di Parigi, autore di ”Rovine e macerie. Il senso del tempo”.
– sabato 12, ore 21, ”Politica del terrore”, di Federico Casalegno, presentazione e proiezione del documentario-intervista a Noam Chomsky.
Ideazione e organizzazione del convegno e mostra Accademie per l’Europa con l’Accademia di Belle Arti di Vienna, Accademia di Belle Arti di Brera Milano, DAMS di Bologna, DAMS di Torino, Castello di Rivoli, 2000
Partecipazione all’organizzazione dei tre spettacoli Performances di musica e danza di Charlemagne Palestine e Simone Forti. Castello di Rivoli, 1999; Ideazione e organizzazione del convegno e mostra Accademie per l’Europa con l’Ecole di Beaux Arts di Parigi, Accademia Albertina di Belle Arti di Torino, Accademia di Belle Arti di Brera di Milano, Castello di Rivoli, 1999;
Il Minimalismo
Michelangelo Pistoletto